
L’emicrania è una questione genetica: ecco perchè parlarne in famiglia
L’emicrania non è un banale mal di testa ma la predisposizione genetica a trasformare gli stimoli esterni in dolore. Questa definizione ti deve subito far pensare ad una cosa: se l’emicrania è genetica allora è molto probabile che scorra in famiglia. Probabilmente con diversi gradi di incidenza, ma se ti fermi a pensare un attimo forse non ti è così difficile individuare altri familiari (non per forza stretti) che in qualche forma ne soffrono.
Una seconda cosa a cui devi pensare è che questa naturale predisposizione a darci la zappa sui piedi non complica però solo la nostre vita, ma anche quella di chi ci sta accanto. L’emicrania, che solo nel 2020 è stata riconosciuta come malattia sociale invalidante, è un problema non solo per chi la subisce. La famiglia, e rapporti interni ad essa, sono spesso vittime collaterali della guerra continua tra noi e la Bestia.
Sapere che l’emicrania è genetica e di conseguenza può essere tramandata di generazione in generazione è importante per avviare percorsi di “allerta” nelle famiglie in cui si sono già presentati diversi casi. Soprattutto però è fondamentale per avviare un dialogo interno alle famiglie stesse, perchè quello che a volte può sembrare un caso isolato (e magari incompreso) così potrebbe non essere.
La componente genetica dell’emicrania
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Neuron, all’origine dell’emicrania ci sarebbe una mutazione genetica che inibisce l’attività elettrica neurale. Potevamo avere i poteri psichici del Dottor Xavier degli X-man, o controllare i fulmini come Tempesta, e invece no. Il nostro gene mutante ci da l’emicrania. La solita botta di fortuna.
L’emicrania è legata all’ipersensibilità elettrica dei neuroni. L’attività delle nostre cellule è controllata dalla proteina TRESK (altro nome da film Marvel!). La mutazione del gene che la codifica provoca la sua divisione in due proteine disfunzionali. Una resta inattiva, mentre l’altra causa picchi anomali di attività elettrica che si tramutano in attacchi.
A questo si aggiunge l’azione dell’ormai famoso gene CGRP (che se non ti ricordi cos’è puoi approfondire in “Emicrania: come combatterla con gli anticorpi monoclonali”). Il CGRP dilata i vasi sanguigni e modula il segnale doloroso nel sistema nervoso.
Questa spiegazione scientifica è volta non solo a fare chiarezza sulle origini dell’emicrania ma soprattutto a ribadire un concetto chiave: l’emicrania è una patologia primaria le cui cause non vanno ricercate in altro ( denti, schiena, vista, ecc…). Una volta che sono state escluse le cause secondarie possibili e la diagnosi è stata fatta si può cercare di individuare le cause scatenanti degli attacchi (i trigger più frequenti li puoi approfondire qui) ma la causa originaria è l’emicrania stessa. Punto.
E proprio questo fatto fa si che sia fondamentale indagare nel nostro albero genealogico per capire chi prima di noi ne ha sofferto e tenere l’occhio vigile verso chi dopo di noi ne potrà soffrire.
L’albero genealogico dei cefalgici
Il fatto che gli attacchi siano favoriti da qualcosa che è insito in noi, nel nostro codice genetico, ci permette di capire perché spesso l’emicrania ricorre all’interno della stessa famiglia.
Ovviamente non è detto che sia nel tuo nucleo famigliare ristretto, magari ha saltato qualche generazione. Ma è probabile che se indaghi bene troverai altri emicranici/che in famiglia.
Magari i tuoi famigliari hanno sintomi diversi. Alcuni hanno cefalea, altri solo attacchi d’aura o sintomi correlati come le vertigini. Probabilmente non tutti ne soffrono in modo acuto, ma non è raro trovare altri esempi di cefalgici nel proprio albero genealogico. Per questo far si che tra le mura domestiche questo argomento non sia taboo è importante.
A lungo (e in parte ancora oggi) questa patologia è stata sottovalutata e non diagnosticata. Pertanto, com’è capitato a me, potresti scoprire solo nel tempo che tuo nonno soffriva di attacchi da ko totale. Ma che erano stati liquidati con un “mal di testa da weekend” e mai approfonditi. E così anche la mia diagnosi è arrivata molto più tardi di quanto avrebbe potuto…
E’ invece importante ricorrere subito alla diagnosi. In primis per se stessi, per capire quale tipo di mal di testa ci affligge e come trattarlo. Ma anche per lasciare una “tracce-guida” corretta per le generazioni che seguiranno. Credo che non affrontare la cefalea nel modo corretto, sia un errore che non ricade solamente su di noi, ma anche sugli emicranici che verranno.
Figli con l’emicrania
Uno dei principali motivi per cui l’attenzione sulla cefalea cronica, la sua diagnosi tempestiva e la sua corretta gestione va aumentata è che ne soffrono sempre più minori. Che inevitabilmente si porteranno dietro il fardello per tutta la vita (si spera non per sempre in forma acuta).
Il 30% dei bambini in età scolare soffre di episodi di cefalea. Un dato allarmante. Soprattutto se si pensa all’impatto emotivo che la Bestia ha sulla nostra vita.
Nei più piccoli il grande problema non è solo quello di capire le cause scatenanti della cefalea. Spesso l’ostacolo maggiore deriva dall’incapacità dei bambini di spiegare, e comprendere, ciò che gli sta succedendo.
In queste occasioni, se l’emicrania non è già stata considerata in famiglia, o nel passato è stata sottovalutata da altri membri, il rischio grosso è che non si creda a chi lamenta gli attacchi. Per questo è davvero fondamentale effettuare un “punto della situazione” famigliare sul tema emicrania.
Mamme con l’emicrania
E se è la mamma a soffrire di emicrania? Anche questo è un passaggio che meriterebbe una considerazione maggiore rispetto a quanto si potrebbe ottenere in più dopo il riconoscimento della cefalea cronica come malattia invalidante. Non solo perché trovo lo sforzo di gestire un bambino mentre la testa ti esplode un atto di forza di volontà gigantesco. Ma anche perché durante gravidanza e allattamento molte delle profilassi attuali non si possono prendere, molti farmaci per l’emicrania sono banditi. E si corre il rischio di dover affrontare le crisi senza armi, o quasi. Per molte emicraniche la tachipirina, uno dei pochi farmaci concessi in questi casi, ha poco effetto. Ed è come chiedere di lottare contro Godzilla con solo un paio di forbici dalla punta arrotondata.
I risvolti emotivi
Quando la cefalea corre nel sangue della famiglia non va poi trascurato il risvolto emotivo che tutto questo si porta dietro. Che sia genitori e figli soffrano di emicrania, o solo uno dei due, la situazione è comunque complicata.
Molte mamme riportano la preoccupazione dei propri figli, magari piccoli, nei momenti in cui le vedono andare ko. E si corrodono di sensi di colpa per non poter dare loro le attenzioni desiderate in tutti quei momenti in cui la Bestia prevale sulla vita.
E molti figli, anche da adulti, sanno di essere una continua fonte di ansia e grattacapi per i propri genitori. Vedere qualcuno che ami soffrire e sapere che non puoi farci quasi nulla è annichilente.
Cosa possiamo fare?
Posto che una terapia universale contro la cefalea ad oggi non esiste e che affrontare di petto ciò che ci da ansia e preoccupazione è un percorso lungo e complesso, in cui spesso ci vuole un aiuto esterno. Ci sono però alcune cose che noi emicraniche, che siamo figlie o mamme o entrambe possiamo fare per migliorare la nostra situazione personale, relazionale, famigliare, e (forse) anche quella degli altri cefalgici.
- Non sottovalutare il problema = come dico sempre, se il dolore alla testa arriva più di qualche volta al mese non è il caso di dormirci sopra. Approfondisci la cosa con un neurologo, magari è solo un periodo, ma se è una forma di cefalea primaria non lasciare che diventi anche cronica. (In “Come trovare il neurologo giusto” trovi il mio metodo per scegliere la persona che meglio di tutte può aiutarti)
- Parlane apertamente = l’emicrania non è e non deve essere uno stigma. Anzi. Più ne parli e più aumenti le chance di scoprire che qualche parente soffriva già in passato di cefalea. Certo, questo non è risolutivo, ma può aiutare il neurologo a capire qualcosa di più sulla tua Bestia personale, e quindi su come attaccarla. A volte sembra che il mondo, anche quello più vicino a noi, non voglia capire ma magari semplicemente non ha i mezzi o le conoscenze per comprendere qualcosa di tanto invisibile quanto duro da affrontare. Come ti dicevo prima, mia nonna, qualche settimana fa, dopo 20 anni che soffro di emicrania e oltre uno e mezzo che la stordisco con le storie del blog, si è ricordata che mio nonno (che non ho mai conosciuto) soffriva di violenti mal di testa. Ed io per anni ho detto al neurologo che ero la prima emicranica della mia stirpe…
- Non farti condizionare = Sarò ripetitiva, lo so. Ma so anche che è più facile a dirsi che a farsi perché io per arrivare a questo punto ci ho messo tutta la vita e di certo non ho capito il concetto al primo giro, e forse nemmeno al quinto. Vivere nel costante timore di un attacco, del suo impatto sulla mia famiglia, del dolore che vedermi atterrata dal male ha sui miei cari, dell’impossibilità di aiutarli in certi momenti, non è un’opzione praticabile. Se cedi allo sconforto (e credimi ancora oggi ogni tanto la tentazione viene anche a me) peggiori solo la tua condizione. Rimuginare sul dolore che provi e sulle sue conseguenze non ti è utile. Anzi, può causare un attacco da stress o il peggioramento dei sintomi. Tu non hai scelto di vivere con l’emicrania e fai tutto il tuo meglio per conciliare questa cosa con il resto della vita. Non sentirti in colpa se a volte vai ko e c’erano tante importanti cose da fare.
Un appello a chi ci sta vicino
Infine, mi sento di lanciare un appello a coloro che ci stanno vicino, che siano genitori o figli di emicranici. Quando stiamo male lasciateci tranquilli con i nostri farmaci, il silenzio, il letto. Lo sappiamo che soffrite nel vederci così, ma ricordarci che vi dispiace non poter fare nulla per noi e vedere sofferenza nei vostri occhi non ci è di aiuto. Anzi, a volte ci fa cader nella spirale del condizionamento di cui parlavo qualche riga fa. So che è difficile, difficilissimo, ma aiutarci è anche questo.
La via per il Ben di Testa non è solo fatta di farmaci, esercizio per sciogliere i muscoli ed aumentare il rilassamento, idratazione continua, meditazione, alimentazione corretta o tutto ciò che fisicamente può aiutarci. E’ anche fatta di passaggi fondamentali per imparare a convivere al meglio con qualcosa di cui, purtroppo, ci liberemo difficilmente. Ma che non può e non deve condizionare ogni istante della nostra vita.
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