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Come spiegare la vita con una malattia cronica: La spoon theory applicata all’emicrania

Se soffri di una malattia cronica, che sia l’emicrania o altro, una parte decisamente molto complessa della gestione della malattia è quella di spiegare agli altri cosa vuol dire convivere con essa.

Nel caso dell’emicrania, una delle patologie croniche più invisibili ed invalidanti, la cosa si fa ancora più ardua in quanto molto spesso chi ci circonda non si rende conto della tua reale situazione. Ad occhi esterni, inesperti o poco inclini a mettersi nei panni altrui, il non avere segni eclatanti della malattia ti rende automaticamente e semplicemente sana.

 

Peccato che l’emicrania, così come molte altre malattie invisibili, sia una lotta continua tra il dolore e la sopravvivenza. Un continuo fare lo slalom tra trigger (i più frequenti li trovi qui), cose che puoi e non puoi fare, mangiare o non mangiare, situazioni potenzialmente rischiose che potrebbero trasformare una giornata di Ben di Testa in un disastro totale. Il tutto accompagnato da stordimenti, mancanza di energie, postumi degli attacchi ed effetti collaterali dei farmaci da gestire.

E spiegare tutto questo a chi ci circonda non è esattamente la cosa più semplice del mondo.

 

Come la malattia cronica impatta sulla vita sociale

L’emicrania incide sulla nostra vita sociale in mille e una maniera. Anche se fortunatamente non la blocca del tutto certamente la rende più complicata. 

Come?

  • livelli limitati di energia
  • difficoltà di concentrazione
  • sonno disturbato
  • interferenze con l’attività sessuale
  • stress emotivo
  • isolamento sociale

Sono tutti tasselli che coronano la vita di chi soffre di una malattia cronica e deve destreggiarsi tra i vorrei ma non posso quotidiani.

Spesso a bloccarci non è soltanto l’attacco di emicrania in sé e per sé ma tutte le paure connesse ad un suo ipotetico scatenarsi in un momento poco appropriato o quando non potremmo gestirlo al meglio. 

 

Per questo molte volte ci troviamo a rinunciare ad eventi ed occasioni. Per la paura che un trigger possa scatenarci un attacco e rovinare tutto.

In “4 consigli per conciliare vita sociale ed emicrania” ho provato a dare alcuni suggerimenti per abbattere questo ostacolo, dalla pianificazione all’evitare di farsi condizionare. Ma ritengo che la strategia principale risieda sempre nel parlare apertamente con chi ci circonda della nostra condizione così da poter ricevere aiuto, e comprensione, in caso di bisogno.

Parlarne è importante per essere comprese

Come ho approfondito nell’articolo “Emicraniche Vs Resto del mondo: 6 step per superare le incomprensioni” l’emicrania ha un impatto decisivo sulle relazioni interpersonali, su quelle sociali e, purtroppo molto spesso anche su quelle lavorative. L’emicrania colpisce a 360° sul benessere psicofisico di chi ne soffre, che si trova sempre a combattere con la voglia di fare, la paura di farlo e subirne le conseguenze e un mondo esterno che spesso non è in grado ci capire una persona che si accende e spegne come una lampadina a seconda se la Bestia le fa o meno visita. 

 

E per cercare di superare alcuni degli ostacoli che la vita con il dolore cronico ci pone davanti dobbiamo prima di tutto essere aperte con gli altri verso la nostra malattia. Cercare di comunicarla, raccontarla al meglio e mai nasconderla. Solo così abbiamo una possibilità di aumentare la comprensione della nostra situazione (e di tutte coloro che si trovano in identica posizione) da parte di chi ci circonda ed è tentato di cadere nella trappola del “ma non mi sembri malata”.

La Spoon Theory

 

Per spiegare bene quella che è la vita con una patologia cronica ci può venire in aiuto la Spoon Theory, teoria coniata da Christine Miserandino, malata di lupus che hai inventato una delle metafore più usate per spiegare com’è davvero vivere con una malattia cronica. (puoi saperne di più consultando il sito butyoudontlooksick). 

 

Quando era al college, a cena con una sua amica, venne chiesto a Christine di spiegare la sua vita con la malattia e per semplificare la cosa in modo comprensibile a chi la stava ascoltando decise di utilizzare i cucchiai presenti sul tavolo.

Secondo la sua metafora chi soffre di una malattia cronica ogni giorno ha a disposizione 12 cucchiai, che rappresentano la sua quantità limitata di energia. Ogni attività da svolgere consuma un certo numero di cucchiai. 

 

Prova ad immaginare: 

spoon theory 2Lavarsi, vestirsi, preparare la colazione, in un attimo ho già speso un paio di cucchiai. Andare a lavoro nel traffico può costare un cucchiaio, così come una riunione stressante può consumarne un altro. E spesso si arriva a metà giornata che i cucchiai sono finiti.

In questa metafora ogni malata cronica può rivedersi ed inserire le proprie difficoltà. Ci sono giorni che l’emicrania ti fa svegliare con 2 cucchiai in meno per via di un attacco notturno o magari ci sono attività che per alcune di noi sono meno stancanti che per altre e non “consumano” nessun cucchiaio. 

Ciò che conta è che la Spoon Theory è un modo per raccontare a chi ci circonda com’è vivere con un disturbo che erode energie e che, nel caso dell’emicrania, potrebbe addirittura rubare i tuoi cucchiai tutto d’un colpo e mandarti ko senza preavviso alcuno.

Perché usare questa metafora per spiegare la vita con una malattia cronica?

Non tutti coloro che ci circondano riescono a capire la difficoltà e la complessità di una vita con l’emicrania cronica. A volte non è mancanza di empatia o cattiveria. A volte è talmente complesso far capire quanto sia tentacolare la nostra condizione che persino tra emicraniche c’è disaccordo. 

 

Una cosa che non mi stancherò mai di dire è che nella gestione dell’emicrania regna la soggettività e che ciò che aiuta me o vale per me, potrebbe non valere per altre. Pertanto anche la percezione delle difficoltà e delle disabilità segue la stessa logica. Ed è per questo che a volte anche spiegare il proprio dolore, e le proprie difficoltà, diventa difficile pure all’interno dello stesso gruppo.

Resta importante però cercare di trovare un terreno di dialogo comune, una lingua, un metodo, una metafora appunto, che possa aiutarci a comprenderci e a far comprendere agli altri ciò che viviamo. Anche perché vivere con una malattia cronica è difficile, molto.

Saltiamo cene, annulliamo appuntamenti all’ultimo minuto, prendiamo impegni col terrore di non poterli rispettare, ci sentiamo dire “fai attività fisica” e dentro di noi ci domandiamo “si ma con quali energie? quelle usate per il lavoro o per far da mangiare dopo?”… non è facile. E tenerlo solo per noi non aiuta a togliere il mantello dell’invisibilità alla nostra patologia. Anzi. 

Per cui fai una prova. Chiedi a chi ti circonda come gestirebbe i suoi 12 cucchiai e vedi se arriverebbe a fine giornata se ogni azione un po’ più complessa di allacciarsi le scarpe gli costasse un cucchiaio.

Come determinare quanti cucchiai hai

Come raccontavo all’inizio la Spoon Theory è una metafora, un modo brillante per far capire a chi ci circonda il nostro punto di vista. Pertanto determinare il numero dei cucchiai e come questi vengono consumati è tutto in mano a noi.

 

Ricordi? Tutto è soggettivo con l’emicrania.

Tu sei la sola ed unica che può sapere se preparare la colazione al mattino ti consuma un cucchiaio oppure no. Se la tua mattina è partita da 12 cucchiai o la nottata è stata schifosa e sei già a 10 ancora prima di iniziare la giornata. A volte potresti dover chiedere in prestito cucchiai al giorno dopo, sapendo poi che quello successivo sarà pericolosamente a corto di scorte.

Un modo per tenere sotto controllo i “cucchiai” è monitorarli nel diario dell’emicrania così da sapere se effettivamente certe attività consumano energia come pensavi o no. E non rimanere a corto di energia quando invece te ne serve di più! Inoltre, tenendoti monitorata, potrai verificare se dopo gli attacchi riesci a recuperare parte delle energie perdute o se magari ottieni piccoli booster di energia quando fai qualcosa che ti piace e che ti dona attimi di Ben di Testa. Come ti ricordo in “5 modi per recuperare le energie dopo un attacco di emicrania” molte volte fare qualcosa che ci piace, che amiamo davvero, ci ricarica e ci porta al Ben di Testa!

Come gestire i propri cucchiai

Se la diagnosi che ti è stata fatta è di Cefalea Primaria Cronica ( i vari tipi puoi trovarli in questo articolo e l’emicrania è uno di essi) sai che la tua patologia ha una causa genetica e dunque non vi è una cura. Nonostante questo ci sono diverse cose che puoi fare per ridurre il numero degli attacchi e vivere sempre meglio, cosicché la Bestia non domini le tue giornate e la tua esistenza. 

Vediamo le possibilità…

1) Terapie preventive farmacologiche = ve ne sono di differenti tipi ed è importante sottolineare che nelle terapie la soggettività è un punto cardine. Ciò che aiuta alcune di noi è invece inutile o avverso ad altre. La sola ed unica regola è affidarsi ai professionisti e sperimentare. Per un approfondimento su questo tema puoi leggere anche “Rimedi per il mal di testa: come gestire e prevenire il dolore”.

2) Attività fisica mirata = da esercizi posturali appositi, allo yoga, all’ attività aerobica pensata per chi soffre di emicrania esistono ormai tante forme di attività fisica fattibile anche per chi soffre di cefalea cronica. L’importante è sempre sperimentare.

 

3) Farmaci per l’attacco = segui sempre le prescrizioni del neurologo per la gestione dei tuoi attacchi di emicrania. Il fai da te è una delle cose più dannose che puoi fare e che molto spesso porta alla cefalea da rimbalzo 

 

4) Psicoterapia = imparare a gestire ed affrontare la vita con l’emicrania cronica non è facile e potrebbe esserlo ancora meno da sola. Chiedere aiuto ad un professionista per affrontare un ostacolo tanto impegnativo è una mossa estremamente saggia.

 

5) Mindfulness o Meditazione = tutto ciò che ti aiuta a “staccare” il cervello, ricaricarti e donarti benessere è ben accetto. Per cui, perché non provare anche questa via priva di controindicazioni ed effetti collaterali?

6) Rimedi alternativi = Oltre alle terapie farmacologiche è importante pensare anche tutto il ventaglio delle terapie alternative a cui possiamo accedere. Dall’agopuntura, ai massaggi, alla fisioterapia, alle diete specifiche… tutto ciò che ci aiuta ad alleviare e ridurre il dolore, anche se per poco, è ben accetto!

7) Coaching e programmi di supporto = Impara da chi ci è già passato. Se ti trovi in un limbo in cui non sai come applicare le molte strategie viste sin qui e hai bisogno di qualcuno che ci è già passato e può guidarti esistono diversi programmi di sostegno. Coaching per il Ben di Testa è il mio e ti invito a scoprirlo qui.

Versioni alternative alla Spoon Theory per raccontare una malattia cronica 

La Bucket Theory

Per spiegare la vita con l’emicrania cronica si deve spesso far riferimento ai tanti trigger che ci colpiscono. Per questo può essere utile immaginare la giornata come un secchio d’acqua che si riempie di tante gocce (i trigger appunto).

Immagina che il Ben di Testa sia rappresentato da un secchio vuoto ma ogni volta che incontri un trigger questo si riempie con una goccia. Dalla mancanza di sonno (che per me potrebbero essere una doccia e non una goccia) ad un rumore forte, dalla disidratazione alle luci intense ogni trigger aggiunge una goccia al secchio. 

 

Alcune gocce possono essere piccole, altre grandi come cucchiai o bicchieri.. più sale l’acqua nel secchio e più sei vicina allo scatenarsi di un attacco.

Questa teoria è utile per far comprendere come spesso non è quel singolo quadratino di cioccolato ad aver scatenato l’inferno. Ma la somma di più fattori che magari stanno lavorando su di noi da tutto il giorno (o più giorni).

Threshold Theory

Sviluppata dal Jefferson Headache Center  questa teoria afferma che tutti noi abbiamo una soglia di vulnerabilità all’emicrania e una volta sorpassata ecco che parte l’attacco. 

Se la soglia è bassa l’attacco può partire per cose più piccole e semplici, come piccole variazioni di luce o rumori, o un odore forte. Se la tua soglia è maggiore occorrono più stimoli affinché l’attacco si scateni.

La soglia di ognuno di noi non è costante nel tempo e varia a seconda del nostro stato di salute, del sonno, dell’attività fisica, di come ci nutriamo e gestiamo lo stress. In generale tutto ciò che concerne un miglioramento del nostro stile di vita può concorrere ad aumentare la nostra “soglia di tolleranza” all’emicrania.

Spiegare la malattia cronica: scegli al via che vuoi ma parlane

Che ti piaccia di più l’idea della soglia, del secchio, del tablet che si scarica o del cucchiaio. O che leggendo queste righe ti sia fatta un’idea tutta tua di come raccontare l’emicrania cronica non importa. Ciò che importa davvero, nel profondo, è parlarne. Aprirsi, diffondere. Far capire a chi ci circonda che anche se a volte davvero “non sembriamo malate” in realtà lo siamo.

E non è sempre facile vivere così. Anzi, non lo è quasi mai.

 

Non siamo malate invisibili, malate di serie B. Meritiamo di essere comprese. E sono sicura che diffondendo sempre di più cosa significa essere emicraniche croniche e vivere in questa condizione smetteremo di passare inosservate ed essere incomprese.

Ne va del nostro Ben di Testa, sotto tutti i punti di vista.

Ricorda

Se hai difficoltà ad affrontare tutto questo da sola, se non sai come partire nell’individuazione dei tuoi sintomi premonitori e nella loro gestione o semplicemente desideri un supporto, ti aspetto in Coaching per il Ben di Testa.

Spero di averti dato delle informazioni che possano aiutarti a stare meglio. E se hai trovato utile questo condividilo o invia il link ad un’amica che potrebbe averne bisogno.

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