
La cannabis può aiutare per l’emicrania?
Uno studio pubblicato su Pharmacotherapy, e condotto dall’Università del Colorado, asserisce che la cannabis potrebbe aiutare chi soffre di emicrania. Questa ricerca, così come questo articolo, non vuole incentivare l’uso indiscriminato di marijuana ma sottolineare che questa può avere effetti benefici nel trattamento della nostra patologia. E, come ogni trattamento, ha anche le sue controindicazioni.
Lo studio, portato avanti per 4 anni, dal 2010 al 2014, ha mostrato che la cannabis può essere utilizzata sia per il trattamento degli attacchi acuti che per la prevenzione. Ovviamente però non è efficace in tutti i soggetti ed in tutti i tipi di mal di testa. Come sempre il fattore soggettivo è determinante, ma anche i livelli di principio attivo del preparato utilizzato. Pertanto meglio informarsi bene e stare attente alle pubblicità ingannevoli.
La storia della cannabis in medicina
A differenza di quanto si potrebbe pensare, l’uso della cannabis per l’emicrania non è una moda del momento. Anzi, per dirla tutta gli usi della canapa come erba medicinale risalgono al terzo millennio A.C quando l’imperatore cinese Shen-Nung scrisse il più antico testo sulle erbe medicinali asserendo che il suo uso era perfetto per “disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale”. Ma attenzione, scriveva Shen-Nung, una dose eccessiva “fa vedere demoni”.
Per migliaia di anni è dunque stata usata come erba dalle proprietà eccezionali, ma solo nell’Ottocento in Europa è stata introdotta per la prima volta come vero e proprio farmaco nella gestione di ciò che oggi chiameremmo disturbi da ansia e depressione.
E’ però verso il 1890 che iniziano a fiorire numerosi articoli accademici che parlano del potere analgesico della cannabis. In questo periodo medici tra i più rinomati dell’epoca, e riviste specializzate, come il Lancet, sostennero i benefici dei cannabinoidi nel trattamento e nella prevenzione dell’emicrania e delle nevralgie.
Nel 1937 però tutto cambia. Dopo la guerra all’alcool e all’oppio gli Stati Uniti si concentrano sulla cannabis, che venne così inclusa nelle liste delle droghe proibite. Di lì a poco anche gli altri Paesi del mondo iniziano a vietarla ed anche in campo medico divenne sempre più difficile utilizzarla. Bisognerà aspettare altri 30 anni con gli studi del professore di psichiatria Lester Grinspoon, dell’Università di Harvard, per riprendere a parlare dell’uso della cannabis in medicina.
I principi attivi
I principi attivi presenti nella marijuana che possono aiutare a livello medico-farmaceutico sono due: THC e CBD.
Il primo è quello psicoattivo, ovvero quello che faceva vedere i demoni all’imperatore Shen-Nung. Ma è anche quello ad avere le proprietà antidolorifiche. Il CBD invece amplifica l’azione antidolorifica del THC, ne prolunga la durata e al contempo ne riduce gli effetti collaterali.
In Italia vi è un solo luogo autorizzato alla produzione della marijuana per la cura del dolore ed è il centro chimico-farmaceutico militare di Firenze. Qui viene prodotta la Cannabis FM-2 che ha un contenuto di THC compreso fra il 5% e l’8% e un contenuto di CBD compreso fra il 7,5% e il 12%. Questo è l’unico dosaggio che viene riconosciuto per la cura del dolore, tutti gli altri dosaggi sono quelli ad uso “commerciale” che sono stati legalizzati in Italia dal 2006 ma che hanno un contenuto di THC così ridotto da non poter essere riconosciuti come veri e propri farmaci per il dolore. Questo non vuol dire che su alcuni di noi non funzionino e non valga la pena sperimentare, ma indubbiamente non hanno lo stesso effetto testato della vera marijuana medicale.
Recentemente è poi emerso un nuovo studio sulla Cannabis Sativa. In “Biosynthesis of cannflavins A and B from Cannabis sativa L” pubblicato su Phytochemistry è stato dimostrato che grazie alla cannaflavina A e B la cannabis è un’antinfiammatorio più potente dell’aspirina di circa 30 volte. Questi flavonoidi non hanno effetti psicoattivi (come il THC) e non danno dipendenza ma agiscono soltanto sull’infiammazione. Purtroppo però questi principi attivi sono presenti soltanto in piccole quantità della pianta della canapa e ad oggi non esistono prodotti in commercio sulla base di queste sole molecole.
La cannabis per l’emicrania
Gli usi nella storia e gli studi degli ultimi secoli hanno mostrato come la cannabis sia stata usata con successo nel trattamento dell’emicrania e in generale dei problemi che affliggono il sistema nervoso. Recentemente sono state svolte sempre più ricerche focalizzate sull’impatto della cannabis sull’emicrania. Tra queste una delle più rilevanti è stata quella presentata nel 2017 durante il Congress of the European Academy of Neurology, da alcuni ricercatori italiani.
I ricercatori avevano esaminato un gruppo di emicranici cronici somministrando loro diverse dosi di THC e CBD. I risultati ottenuti mostravano che con una dose di 200mg di preparato l’emicrania diminuiva del 55% per numero di attacchi e del 43% per intensità. Risultati davvero interessanti soprattutto se si associano al fatto che contemporaneamente i pazienti confermavano anche un calo di sintomi associati all’emicrania come nausea e vertigini. (Se vuoi sapere quali sono gli altri sintomi che accompagnano l’emicrania approfondisci qui)
Quando aiuta
I vari studi sin qui condotti hanno individuato 3 punti di forza della cannabis nel trattamento dell’emicrania
1. Inibisce il rilascio di serotonina
Tra le cause dell’emicrania vi può essere un aumento del rilascio della serotonina. La serotonina trasmette gli stimoli del dolore nel corpo attraverso l’attivazione di alcuni recettori che negli emicranici sono più sensibili. Dapprima produrrebbe vasocostrizione e successivamente vasodilatazione creando così il dolore che ben conosciamo. Ti puoi accorgere che l’attacco è causato dagli sbalzi della serotonina perché questo è legato ad una minzione frequente durante l’attacco stesso. Quando l’emicrania è scatenata da questo fattore si tendono ad utilizzare farmaci che inibiscono il rilascio della serotonina. Da recenti studi sembra che il THC lo faccia direttamente mentre il CBD lo faccia indirettamente stimolando l’anandamyde, il principale endocannabinoide naturale del corpo. Per questo la cannabis può essere utile nei casi in cui l’emicrania deriva da questo fattore scatenante.
2. E’ antinfiammatoria
I Sumeri ( che in tutte noi sono sedimentati nella memoria dalle elementari come coloro che stavano tra il Tigri e l’Eufrate) usavano curare i dolori alla testa avvolgendovi attorno delle foglie di marijuana bagnate per ore. Non avendo ghiaccio e fascia elastica stringente come me facevano quel che potevano per alleviare il dolore ma così hanno scoperto che i decotti di cannabis hanno effetti antinfiammatori. Molto tempo dopo la ricerca scientifica ha scoperto che questo risultato avviene perchè i recettori per i cannabinoidi sono localizzati soprattutto nel midollo spinale e nel cervello e sono coinvolti nella riduzione del segnale del dolore.
3. Riduce gli spasmi vascolari
Tra le cause del dolore alla testa c’è il nervo trigemino. Questo è coinvolto in particolare nella cefalea a grappolo, una delle Bestie peggiori che ci siano (se vuoi approfondire il tema della cefalea a grappolo clicca qui e leggi Cefalea a Grappolo:diagnosi sintomi e terapie).
L’eccessiva stimolazione del trigemino può essere causata dall’iperattività del recettore NMDA (o recettore del glutammato). L’NMDA è come il pedale del gas tenuto a tavoletta, tenda a mandare il cervello su di giri. E sai benissimo che noi emicranici siamo come batterie che tendono a scaricarsi molto in fretta. Pertanto se il gas sfugge di mano il dolore è dietro l’angolo. Il CBD può aiutare a tenere sotto controllo questo meccanismo, rallentando l’iperattività dell’NMDA e bloccando eventuali spasmi alle arterie.
Allora perché la cannabis non è frequentemente prescritta?
Se la marijuana fa così bene, se la cannabis aiuta così tanto per l’emicrania perché non è sdoganata liberamente e prescritta senza remore? Alla fine a noi emicranici vengono prescritti oppiacei, antidepressivi, antiepilettici, betabloccanti e mille altri farmaci con una lista delle controindicazioni lunga quanto quella della spesa. E forse di più. (Per scoprire tutti i tipi di farmaci per l’emicrania e scegliere quello più giusto per te approfondisci qui).
Il problema è che la maggior parte degli effetti collaterali della cannabis sono di tipo psichico con possibili ricadute di lungo termine: eccessi di euforia o sedazioni, diminuzione della memoria, perdita di controllo, alterazioni cognitive, allucinazioni, problemi psichiatrici, ecc..
Come per ogni trattamento gli effetti collaterali possono esser più o meno comuni, più o meno forti. La soggettività è sempre alla base di tutto. Ma ad oggi ancora non si è trovato un equilibrio tra i benefici del THC e le sue controindicazioni a lungo termine sul piano psichico per poter stabilire un percorso di cura sul lungo periodo.
Ad ogni modo, deve sempre essere il medico a valutare il rapporto rischi-benefici di ogni terapia.
Per concludere, voglio ricordarti che vi è grandissima differenza tra la cannabis medica e quelle commerciali con varie percentuali di CBD ma con un THC che per la legge italiana deve stare tra lo 0,2 e lo 0,6%.
Su internet è un fiorire di siti con estratti, pillole, oli, concentrati vari a base di cannabis. Ma se questi rispondono ai criteri di legalità del nostro Paese è altamente improbabile che possano avere effetti significativi sull’emicrania o sulle varie forme di cefalea primaria (se vuoi approfondire quali sono leggi I diversi tipi di mal di testa: quali sono e come trattarli). Possono aiutare a rilassare, a ridurre lo stress, magari a lenire qualche attacco meno intenso (e questo comunque può essere un buon risultato). Ma ad oggi le evidenze scientifiche dicono che i risultati importanti per l’emicrania che si potrebbero avere con i cannabinoidi sono riscontrabili solo in presenza di livelli di THC maggiori di quelli attualmente commercializzati.
Pertanto non facciamoci trarre in inganno. Sai bene che nel campo dell’emicrania la magica medicina non esiste, sia essa chimica o naturale. Sperimentare per capire cosa ci può aiutare è importantissimo, ma sempre informandoci ed aumentando la nostra consapevolezza di pari passo.
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