Sostegno

La depressione negli emicranici

Quando ho deciso che avrei scritto di emicrania e depressione avevo in mente la tristezza generata dallo stare male continuamente. Pensavo a quella sensazione di sconfitta e solitudine che ci viene dopo lunghe giornate passate a letto. E che, a volte, può sfociare in una spirale tetra e spaventosa, soprattutto quando la nostra patologia ci abbatte ripetutamente. E’ difficile mantenere un atteggiamento positivo se il dolore è cronico, continuo e costante. La tentazione di cedere alla disperazione, al “perchè proprio a me”, è sempre dietro l’angolo. E sarebbe anche umanamente molto comprensibile. Pensavo, insomma, alla depressione con la “d” minuscola e non alla vera e propria patologia.

Studiando s’impara..

Ma il malessere che provoca l’emicrania potrebbe non essere semplicemente un “malumore” amplificato. E ciò che ci troviamo ad affrontare potrebbe avere conseguenze ben più serie. Uno studio del 2010 (Headache, anxiety and depressive disorders: the HADAS study)  ha svelato come il 10% di chi soffre di cefalee primarie soffra anche di una qualche forma di disordine affettivo. Depressione, ansia, crisi di panico o addirittura disordine bipolare sarebbero infatti frequenti in chi subisce i costanti attacchi della Bestia. Siamo quindi ben oltre malumore e tristezza temporanee…

Molti studi hanno evidenziato che coloro che soffrono di emicrania hanno una probabilità aumentata fino a quattro volte rispetto alla popolazione sana di avere o sviluppare un disturbo psichiatrico. E tra questi depressione e ansia la fanno da padroni. Come ho già affrontato in un precedente articolo (che ritrovi qui) l’ansia spesso precede l’attacco. Anzi, a volte è proprio ciò che ci accompagna durante le giornate in attesa che la Bestia si scateni contro di noi. La depressione, invece, solitamente è qualcosa che ci viene dopo l’episodio doloroso. Molte volte si manifesta quando siamo a letto, stiamo rinascendo dopo una giornata buttata via, e ripensiamo al tempo sprecato, alle occasioni mancate.

Come riconoscerla

L’emicrania incide pesantemente sulla qualità della vita di chi ne soffre e può portare a stati depressivi conclamati che vanno ben oltre il malumore passeggero. Per questo occorre stare attenti che la tristezza per le giornate spese a letto non sia qualcosa di più. Ed anche in questo caso vale la regola che una diagnosi precoce è indubbiamente importantissima.

Per capire se si sta soffrendo di episodi transitori o di qualcosa di più profondo si possono tenere d’occhio alcuni indicatori:

  • profonda tristezza che perdura per tutta la giornata perdita d’interesse per le attività svolte
  • disturbi del sonno
  • alterazioni dell’appetito (anoressia o al contrario iperfagia)
  • pensieri negativi o pessimisti ( ho buttato via il mio tempo e nessuno me lo ridarà mai più, sono un rottame, non riuscirò a combinare nulla per via della mia testa.. a tutti capita di pensarlo ma non deve diventare il nostro mantra ricorrente)
  • mancanza di concentrazione

E tra gli emicranici chi rischia di più?

Ovviamente, vista l’enorme soggettività con cui colpisce la cefalea anche la sua correlazione con la depressione varia molto a seconda di ognuno. La statistica però ha individuato una tipologia di emicranico più a rischio: le donne che soffrono di emicrania con aura.

Come ho già raccontato qui, proprio come l’emicrania, la depressione è maggiormente diffusa nel sesso femminile e quindi non stupisce che anche tra gli emicranici è sempre questa categoria la più sfortunata. A vincere il premio #maiunagioia sono le fortunate che hanno anche l’aura. In questo caso il rischio è due volte maggiore rispetto a chi soffre di emicrania “semplice”.

Secondo una ricerca del International Review of Psychiatry del 2017, a complicare le cose vi sono: diagnosi tardiva, cronicizzazione dell’emicrania, elevata frequenza degli attacchi e sintomi accompagnatori dalle manifestazioni intense. Tra questi ultimi viene segnalata in particolare l’allodinia, di cui ho parlato qui. Alla fine, se ci si pensa, tutto ciò è altamente comprensibile. Se soffro dolori immensi alla testa, mi si oscura il campo visivo all’improvviso e magari ho anche nausea e vomito molte volte al mese il rischio di cadere in depressione è più alto di chi ha solo uno o alcuni di questi fattori.

Forse non servivano grandi studi. Molto spesso la nostra quotidianità è ricca di difficoltà e resistere agli urti della vita emicranica (parafrasando Carboni) non è poi così semplice.

Che ruolo hanno farmaci?

C’è anche un altro fattore da tenere in considerazione però: i medicinali che prendiamo! Nelle terapie preventive che ci vengono proposte spesso ci sono controindicazioni anche sull’umore. Nel bugiardino del topiramato (una delle terapie preventive più usate e di cui ho parlato qui) si avverte che l’attrazione dell’umore fa parte del pacchetto e che si può cadere in depressione. Come sempre, le controindicazioni possono avverarsi come no, dipende dalla soggettività di ognuno di noi. Ma ovviamente fa riflettere come anche le cure che facciamo possano scatenare proprio quei meccanismi che vorremmo tenere distanti poiché già la nostra patologia li favorisce. Va poi tenuto conto, dall’altro lato, che in caso di emicrania con conclamati sintomi depressivi la profilassi con l’amitriptilina è ancora più efficace.

Cosa servirebbe

Una cosa emerge chiaramente dal legame tra emicrania e depressione. Che sia uno stato che si manifesta a causa della cronicizzazione della cefalea o siano nati entrambi in noi per vie diverse, ad oggi servirebbe un approccio multidimensionale alla nostra patologia. Molte volte chi fallisce più terapie preventive finisce per sentirsi sconsolato e senza speranza. E magari per quello cade in depressione e abbandona anche le cure. Al momento manca completamente un sistema di supporto psicologico si che affianchi al lavoro dei neurologi. I neurologi, anche quelli più bravi, non sono in grado di supportare emotivamente un paziente che fallisce una terapia dopo l’altra e si ritrova in una spirale di dolore cronico e depressione. Dall’altro lato, oggi gli psicologi a cui ci si rivolge spesso sono impreparati sul fronte emicrania e tendono a ridurla unicamente a qualcosa di legato all’ansia e allo stress.

Noi emicranici invece sappiamo bene che molto spesso questo legame è a doppio filo. Ho dolore e quindi “mi deprimo”, “mi deprimo” (e quindi mi stresso) e dunque mi viene un attacco. Il rischio è che non riconoscendo questo punto l’emicrania peggiori e si cronicizzi sempre più e che la tristezza, che può essere un gergale “mi deprimo”, diventi una vera forma di depressione o lo sia già e non sia riconosciuta e adeguatamente trattata.   

Cosa possiamo fare noi?

  • Perchè si può essere felici e fare cose anche con l’emicrania cronica e io lo racconto sempre 🙂

    Diffondere consapevolezza sull’emicrania e come si vive con essa è indubbiamente un passo importante 

  • Seguire un alimentazione sana: che ci aiuta sia per l’emicrania che per l’umore 
  • Tenerci monitorati: il diario dell’emicrania è fondamentale per capire dove sta andando la nostra testa, in tutti i sensi. Può essere utile non solo per registrare gli episodi ma per monitorare come li stiamo gestendo e come ci sentiamo.
  • Chiedere aiuto: se ci rendiamo conto che non è una tristezza passeggera e che le giornate a letto nel dolore anziano ad avere ricadute sempre più pesanti un primo aiuto lo si può avere guardando su ABC Depressione
  • Non smettere di credere che possiamo vivere bene nonostante la Bestia. Io pubblico i miei diari per quello e scrivo ogni settimana con quell’unico scopo. E’ la mia terapia e spero possa essere parte anche della tua.

 

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