
Emicrania e Lavoro
Oggi sono arrivata in ufficio, ho aperto il pc e ho trovato 38 email, 13 chiamate senza risposta, 8 sms. E’ scoppiata una bomba e io sono l’unica in grado di disinnescarla? No, semplicemente ieri ero assente da lavoro in quanto l’emicrania mi aveva mandato KO. Un giorno non ero in grado di alzarmi da letto e questo era il risultato.
Il problema quando si ha la nostra malattia (e la fortuna di avere un lavoro) è che purtroppo spesso si perdono dei giorni interi a letto e tutto quello che non abbiamo fatto si accatasta sulla nostra scrivania diventando un’enorme montagna da smaltire al nostro rientro. Dunque oggi ho seguito gli appuntamenti che già avevo in agenda e tutto quello che si è accumulato dalla giornata precedente… il risultato?
Alle ore 12 la bestia è tornata.
Non avendo tempo per fare la merenda di metà mattino (che tra le mie routine è fondamentale), avendo bevuto un decimo dell’acqua che avrei dovuto bere e sobbarcandomi di molto stress non poteva andare diversamente. Mi ha colpito dritto all’occhio destro, come un sasso tirato da una fionda. Ad aggiungere danno al danno, se mai ce ne fosse stato bisogno, non ho potuto nemmeno prendere subito l’Auradol poiché ero con un cliente e non con tutti ho la confidenza d’impasticcarmi in leggerezza senza sembrare “Giulia la tossica”.
Così il dolore è cresciuto e appena ho congedato il cliente, con l’ultimo briciolo di resistenza che mi restava, mi sono trangugiata un Difmetrè. Fortunatamente il Difme ha fatto effetto abbastanza in fretta e durante la pausa pranzo ho avuto modo di riprendermi completamente. Il problema però è che terminato il dolore acuto, non sempre si torna nuovi perfetti e pronti a riprendere la propria vita al 100%.
No, cari miei, dopo il bombardamento di dolore e farmaci ci sono i postumi!
Ricordiamo il nostro mantra universale giusto, siamo una categoria fortunatissima e a noi piace provarle tutte le cose! Quindi via di vertigini, sbalzi di pressione, formicolio alle mani e al viso, vampate di caldo, difficoltà di concentrazione, tachicardia, spossatezza… in realtà a volte si presenta solo uno di questi effetti, a volte invece arrivano tutti insieme in una girandola di eventi difficilmente controllabile.
Arrivati a questo punto qualcuno penserà, perché non sei andata a casa? Stare a casa un giorno e l’altro pure non è semplice, soprattutto se sembra, ad un occhio inesperto ed estraneo che il peggio sia passato e che tutto sommato tu stia bene. Alla fine non ho nemmeno più l’emicrania, giusto? Il fatto è che questo non è un caso isolato, quante sono le volte che l’emicrania ci colpisce mentre siamo già a lavoro e dobbiamo gestire la situazione al meglio delle nostre possibilità? O quante altre invece ci ha costretto a letto impedendoci di recarci a lavoro?
Per capire quanto impatta l’emicrania problema sul nostro lavoro possiamo fare un gioco.
Prima di tutto entrate in modalità Giovanni Mucciaccia e leggete le prossime righe come foste armati di forbici dalla punta arrotondata e colla vinilica.
- Aprite il vostro diario del mal di testa (se non ne avete uno potete guardare il mio qui). Fatto?
- Contate quante emicrania avete avuto negli ultimi 3 mesi. Fatto?
- Guardate quante di queste vi hanno impedito di andare a lavoro o costretto a rientrare a casa prima. Fatto?
- Ora contate quanti attacchi vi sono venuti durante l’attività lavorativa ma avete tenuto botta comunque (ovviamente a discapito della vostra salute e della vostra produttività). Fatto?
Bene, da questo “gioco” è emerso che io mediamente perdo 1 giorno e mezzo di lavoro al mese e che almeno 3 attacchi mi capitano durante gli orari lavorativi, che per me sono dalle 8 alle 17 dal lunedì al venerdì. Tutto sommato sono fortunata, l’emicrania mi fa visita appena stacco o nel weekend, il solito culo!
In realtà per molti di noi la situazione è ancora peggiore.
I giorni a casa sono molti, molti di più e le ore di lavoro perse sono così tante che l’Istituto Superiore della Sanità, in una sua recente ricerca, ha potuto stimare che per soggetto
Il costo annuale dell’emicrania è risultato pari a € 4352, composto da:
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1100€ (25%) per le prestazioni sanitarie (compresi farmaci e trattamenti);
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1524€ (36%) per perdite di produttività;
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236€ (5%) per assistenza formale (a pagamento);
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1492€ (34%) per assistenza informale.
Insomma, la ricaduta del nostro dolore non è solo il problema della collega che minimizza quando ci viene un attacco, il cliente che sbuffa perché non siamo reperibili o non lo serviamo col sorriso, o il capo che lamenta le nostre assenze. Nel campo del lavoro l’emicrania ha un impatto economico enorme dove fior fiore di studi hanno dimostrato come sia una patologia che incide direttamente sulle tasche di chi ne soffre e del sistema produttivo stesso ( che sia l’azienda per cui lavorate o la vostra attività imprenditoriale ).
Il Ministero della Sanità ha fatto sviluppare già nel 2001 la versione italiana del MIDAS (Migraine Disability Assessment Score Questionnaire), un questionario che con poche semplici domande da al paziente che soffre di emicrania una scala per valutare quanto questa patologia incide sulla sua vita in termini di disabilità. Con un punteggio che va da 0 a 21, dove zero è nessuna disabilità e 21 è disabilità grave..da allora sono nati studi, ricerche, proposte, persino la possibilità di ottenere l’invalidità per emicrania in alcune regioni, ma ancora una volta questo non basta affinché ci venga tolto di dosso il marchio di malati di serie B.
Perché spesso non siamo nemmeno capiti da chi ci circonda.
Far capire a chi lavora con noi che il nostro non è un semplice mal di testa, che il nostro dolore non scomparirà con un caffè e una boccata d’aria, che non è una scusa per non vedere quel cliente o scrivere quel report dunque non è affatto facile. La vita lavorativa di un emicranico è sovente costellata di soggetti che apparentemente asseriscono di comprendere il tuo stato di perenne rimbalzare tra l’attivo e il pronto per l’estrema unzione, ma in realtà ti guardano di sbieco con l’occhio di chi pensa “si vabbè, tutto sto casino per un mal di testa?”.
Ad esempio, per me non è stato agevole spiegare durante una riunione perchè la mia faccia, che un attimo prima sembrava normale, improvvisamente aveva uno sguardo strano… quanto avrei voluto poter dire “no, non è per quello che stai dicendo capo, è che inizio a non vederci più dall’occhio sinistro e ho un discreto dolore per cui teniamo corto che dovrei andare a morire in un angolo al buio, grazie”.
Questo accade perché per molti noi siamo quelli che fingono di stare male, perché il mal di testa è qualcosa che non si tocca e non si vede. Siamo quelli che finché all’apice di un attacco non vomitano sulle scarpe del capo, non gli faranno mai capire che era meglio se stavano a casa. Siamo quelli che non ci vedono da un occhio ma provano lo stesso a guidare fino al posto di lavoro, tanto prima o poi passa, vero? Oppure siamo quelli che stanno a letto, al buio, a soffrire, e intanto pensano a quello che volevano fare, che potevano fare. Al traguardo che non hanno raggiunto perché la loro testa li ha traditi, anche questa volta. E s’incazzano.. e così il mal di testa viene doppio.
Insomma, non ce l’abbiamo mai pari.
La soluzione? Al momento non c’è ovviamente, così come un rimedio per il nostro male. Una via però, secondo me, è l’aumento della consapevolezza. Far sapere chi siamo, come viviamo e cosa affrontiamo è importante. Soprattutto credo che, unitamente ai centri medici specializzati, dobbiamo essere i primi a far conoscere la nostra malattia, a diffondere cosa vuol dire essere emicranici e convivere con questo problema. Comunichiamo chi siamo e pian piano il mondo non penserà più che siamo malati immaginari.
Lavorare con l’emicrania non è facile. Lavorare ottenendo risultati lo è ancora meno. Essere profittevoli e circondati da colleghi comprensivi ha le stesse probabilità del Superenalotto. Eppure ci proviamo, perché alla bestia non la daremo vinta mai e poi mai. Infondo pare fossero emicranici pure Thomas Jefferson, Chopin, Darwin, Nietzesche, Freud e Virginia Wolf…e qualche risultato nella vita lo hanno ottenuto. Non so se varrà per tutti noi, ma intanto per il mio compleanno una mia collega mi ha regalato la USB di Wonder Woman, sarà mica un segno?!

